Il dipendente può chiedere al datore di lavoro di inviare la retribuzione su un conto corrente non suo?
I lavoratori dipendenti che hanno difficoltà a pagare i debiti sono sempre più numerosi: capita così che, a causa dell’insolvenza, si rischi il pignoramento dello stipendio o del conto corrente.
I creditori, in particolare, possono pignorare 1/5 dello stipendio (al netto di imposte e contributi); se ad agire è Agenzia Entrate Riscossione, l’ente può pignorare solo 1/10 dello stipendio, se l’importo non supera 2500 euro, 1/7 dai 2500 ai 5mila euro, e 1/5 solo dai 5mila euro in su. Il pignoramento dello stipendio può superare il limite del quinto solo se vi sono differenti tipi di crediti contemporaneamente, ma deve comunque essere garantita al lavoratore la metà della paga.
Se il pignoramento è notificato alla banca nella quale il dipendente ha un conto corrente aperto per l’accredito dello stipendio, la somma pignorabile è pari a 3 volte l’assegno sociale, ossia a 1.373,97 euro.
Di conseguenza, se il lavoratore percepisce, ad esempio, un accredito sul conto dal datore di lavoro pari a 2mila euro, il creditore può pignorare 626,03 euro (2.000- 1.373,97); se lo stipendio mensile è pari a 3 mila euro, il pignoramento ammonterà a 1.626,03 euro, se pari a 4mila euro, saranno pignorati 2.626,03 euro, e così via.
Ma è possibile ovviare a questo problema facendosi accreditare la retribuzione su un conto corrente non proprio? In altre parole, il bonifico stipendio su conto non intestato è consentito?
La questione, peraltro, non riguarda soltanto chi è indebitato (che, comunque, come appena osservato, può subire il pignoramento diretto dello stipendio), ma anche chi, per diverse ragioni, non ha un conto corrente o una carta prepagata con Iban: senza codice Iban, difatti, nessuno può accreditare fondi tramite bonifico.
Non è possibile ovviare al problema pagando lo stipendio in contanti? Purtroppo no, in quanto dal 1° luglio 2018 le retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei collaboratori possono essere corrisposte solo con modalità tracciabili.
Cerchiamo allora di capire se la normativa consente il bonifico dello stipendio, da parte dell’azienda, verso un conto corrente non intestato al dipendente.
Come può essere pagato lo stipendio?
Lo stipendio, in base alle previsioni della legge di Bilancio 2018 [1], non può più essere pagato in contanti, ma tramite strumenti tracciabili.
In particolare, le modalità attraverso le quali è consentito corrispondere la retribuzione dei lavoratori dipendenti e dei collaboratori risultano le seguenti, secondo quanto chiarito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro [2]:
- invio di un bonifico su un conto corrente con Iban indicato dal lavoratore, che può essere intestato a lui, cointestato o intestato a un soggetto diverso [3];
- utilizzo di strumenti di pagamento elettronico, come l’accredito su carta prepagata, con Iban o priva di Iban (in quest’ultimo caso è indispensabile conservare la ricevuta con data e importo della ricarica);
- in contanti, presso lo sportello bancario o postale della filiale o ufficio in cui il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- in contanti, presso lo sportello bancario della filiale in cui il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o di un conto di pagamento ordinario, soggetto alle registrazioni obbligatorie;
- emettendo un assegno (bancario o circolare) e consegnandolo direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
In base a quanto esposto, dunque, è consentito al datore di lavoro inviare lo stipendio tramite bonifico su un
conto non intestato al lavoratore.
Come effettuare il bonifico dello stipendio su conto corrente non intestato al lavoratore?
Perché si possa effettuare il bonifico dello stipendio sul conto indicato dal lavoratore e non a lui intestato, però, è necessario seguire alcuni accorgimenti, per evitare contestazioni da parte dell’Ispettorato del lavoro [3].
Il dipendente deve presentare una domanda scritta indicando il conto corrente (IBAN) e il nome del relativo intestatario.
Il datore di lavoro deve conservare la documentazione scritta recante l’esplicita richiesta del lavoratore di accredito dello stipendio presso un conto corrente intestato a un terzo.
Tale documentazione servirà anche al titolare del conto a cui il fisco potrebbe chiedere chiarimenti sulla provenienza delle somme che non trovano una corrispondente indicazione nella dichiarazione dei redditi. Le stesse infatti potrebbero essere altrimenti imputate a reddito non dichiarato.
Che cosa controlla l’Ispettorato?
L’Ispettorato del Lavoro può effettuare delle verifiche presso l’Istituto di credito in cui è acceso il conto corrente del datore di lavoro dal quale è stato disposto il bonifico. Gli ispettori, in particolare, verificano se il conto corrente destinatario del bonifico risulta intestato al lavoratore creditore dello stipendio; se non lo è, verificano l’esistenza di un’indicazione scritta, da parte del lavoratore, di richiesta dell’accredito della retribuzione presso un conto intestato a un soggetto diverso.
Verificano poi l’effettuazione dei pagamenti degli stipendi, anche se la banca non può dare certezza, a breve termine, circa la definitività del pagamento, stante le possibili ipotesi di richiamo del bonifico, che intervengono anche a notevole distanza di tempo.
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